• Ingresso delle truppe alleate a Città di Castello, 22 luglio 1944
  • Primo raduno degli ex perseguitati politici della provincia di Perugia (1945). Fra gli ospiti, il terzo da sinistra nella fila in alto è l'avv. Mario Berlinguer, padre di Enrico, ex deputato aventiniano allora fra i massimi responsabili dell'Alto commissa
  • Partigiani della “S. Faustino Proletaria d'urto” in marcia
  • Partigiani jugoslavi della “Gramsci” a Norcia nel giugno 1944
  • 11.	Comando del battaglione “Tito” della brigata “Gramsci”. Al centro Svetozar Laković “Toso”
  • Partigiani della “S. Faustino Proletaria d'urto”

Grecchi Mario

Nasce a Milano il 30 settembre 1926. Allievo del Collegio militare di Milano. Trascorre la giovinezza fra Milano e Perugia insieme ai genitori, due fratelli e una sorella. Portati a termine gli studi ginnasiali (durante i quali divide la classe con alcuni futuri compagni nella Resistenza, come Augusto Del Buontromboni), decide di seguire le orme paterne, richiedendo l'ammissione al Collegio militare di Milano. Questa esperienza lo appassiona ed emoziona, come non manca di manifestare ai genitori nella corrispondenza. Emerge in lui anche l'avversione per il fascismo e dopo l'Otto settembre, nonostante le pressioni ricevute dai superiori affinché rimanga a Milano come istruttore, decide di tornare a Perugia. Si dedica immediatamente, non ancora entrato in clandestinità, a tessere contatti e riunire gruppi in città. Il 19 febbraio 1944, a bordo dell'automobile sottratta al gerarca perugino Cavallotti Felicioni, raggiunge insieme a quattro compagni Torre Burchio (Bettona, Pg), dove ha sede il comando della banda «Leoni» fondata da Alberto Del Buontromboni, padre di Augusto. Nella formazione si registra una tendenza politica vicina al Pda e anche Mario manifesta un'affinità con essa. Nonostante la giovanissima età, dimostra subito notevoli capacità militari e spiccate doti di comando, ricevendo l'incarico di guidare diverse azioni. All'alba del 6 marzo 1944 inizia sulle colline fra Deruta, Bettona, Cannara e Bevagna il rastrellamento con cui i tedeschi intendono colpire la «Leoni» e la banda «Francesco Innamorati», lì stanziate e operanti in piena collaborazione. L'accerchiamento è immediato e pressoché totale, così alcuni gruppi ricevono l'ordine di cercare lo sganciamento combattendo. Fra i più impegnati proprio quello a lui affidato.  Egli, dopo avere visto alcuni compagni morire, cade gravemente ferito nel primo pomeriggio. Prima di essere catturato, riesce a sparare e uccidere il militare tedesco che si sta avvicinando a lui. L'8 marzo, al Poligono di tiro di Perugia, vengono eseguite le prime delle nove fucilazioni di prigionieri catturati due giorni prima nel rastrellamento. Grecchi è tenuto in vita dai tedeschi, ricoverato all'Ospedale civile e curato affinché possa almeno stare in piedi e dare informazioni, per essere poi fucilato da solo. Nella tarda mattinata del 17 marzo 1944, dopo un'ultima trasfusione di sangue, viene condotto al Poligono e ucciso. Dopo la liberazione di Perugia, viene costituita in città, con l'assenso degli Alleati, una brigata «Mario Grecchi»  composta da giovani antifascisti ed ex partigiani, con l'incarico di collaborare per alcuni giorni alla gestione dell'ordine pubblico nel capoluogo e nelle vicinanze. Riconosciuto partigiano combattente della banda «Leoni» dal 28 gennaio al 17 marzo 1944, con la qualifica di commissario di guerra e il grado di tenente. Nel 1944 viene decorato con Medaglia d'oro al Valore militare: «Allievo della Scuola militare di Milano, partigiano, comandante di una banda della brigata “Leoni” (alla memoria). Giovanissimo e ardito vice comandante di una banda di partigiani operante nella zona dei monti di Bettona, Deruta, Collemancio [(Cannara, Pg)], fu sempre di esempio nel condurre i suoi uomini nella azioni più rischiose. Accerchiata la zona ad opera di una Divisione tedesca si offriva volontario con sei uomini per tenere una posizione chiave e dar tempo al resto della banda di mettersi in salvo. Sosteneva il combattimento contro un battaglione tedesco, riuscendo senza alcuna arma automatica a tenere la posizione dalle 9 del mattino alle 17 del pomeriggio. Ferito gravemente da 12 pallottole, veniva catturato. All'ufficiale tedesco che gli intimava la resa, rispondeva con un colpo di pistola uccidendolo. Moribondo gli veniva fatta una trasfusione di sangue per farlo vivere fino al mattino e fucilarlo. Affrontava serenamente il plotone di esecuzione e, dopo avere rifiutato la benda, cadeva al grido: “Viva l'Italia”. Deruta (Perugia), 6 marzo 1944; Perugia, 17 marzo 1944».

 

Tommaso Rossi


Fonti e bibl.: Mario Grecchi e Primo Ciabatti. Due vite per la libertà. Note e appunti di storia contemporanea, Istituto Umbro Studi e Ricerche “Pietro Farini”, Perugia 1965; Grecchi Mario, in Enciclopedia dell'Antifascismo e della Resistenza, II, D-G, La Pietra, Milano 1971, p. 647.




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