Nasce a Spoleto (Pg) il 6 agosto 1871. Avvocato. Socialista. Iscrittosi al Psi, nel 1895 è tra i fondatori della rivista locale «Giovane Umbria», di cui diventerà direttore nel 1898. Sottoposto a vigilanza dalla polizia, tra il 1897 e il 1904 svolge un’intensa attività di propaganda, attraverso comizi e conferenze che tiene in giro per la regione, manifestando la sua simpatia per l’ala riformista rappresentata da Filippo Turati, con il quale intrattiene una fitta corrispondenza. Conferma tale sentimento, che diviene aperta adesione, ai congressi socialisti provinciali del 1904 e 1909. Nel maggio 1902 assume la difesa, insieme a Camillo Bezzi, dei mezzadri di Narni processati per «attentato alla libertà del lavoro», commesso durante il grande sciopero agrario verificatosi nella primavera di quell’anno nel centro umbro. Sempre insieme a Bezzi, nel giugno e luglio 1906 fa parte di una commissione operaia che tenta di risolvere una vertenza apertasi tra i minatori di lignite della Società Terni e la direzione aziendale. Viene eletto a più riprese (nel giugno 1899, nel settembre 1903 e nel luglio 1914) consigliere comunale della sua città e consigliere provinciale, presiede il Ricreatorio popolare e la Congregazione di carità di Spoleto e collabora, tra il 1903 e il 1907, con la Giunta municipale guidata dal suo compagno di partito Domenico Arcangeli. Nel maggio 1910 aiuta la Lega dei minatori spoletini a costituire un Ufficio medico legale di consulenza e assistenza per gli operai infortunati. Nel febbraio 1914, insieme a Bezzi, si reca a Foligno per appoggiare le agitazioni sindacali di lavoratori ferroviari e postelegrafonici e tiene un comizio alla Camera del Lavoro spoletina per protestare contro la guerra italo-turca per la conquista della Libia. Nel novembre 1920 viene nuovamente eletto consigliere provinciale e nominato membro della Giunta amministrativa. Nel luglio 1922, durante un travagliato congresso regionale, abbandona il Psi aderendo al Partito socialista unitario di Giacomo Matteotti. Dal 1926 in poi si ritira dalla politica, dedicandosi all’esercizio della professione e alla cura della sua famiglia e collaborando, con la stesura di articoli sulla storia e l’archeologia locale, con la rivista fascista “Alta Spoleto”. La caduta del regime e gli eventi legati all’8 settembre 1943 lo riportano, pur se brevemente, sulla scena politico-amministrativa. Il 14 settembre 1943, infatti, il prefetto di Perugia lo nomina commissario prefettizio del Comune spoletino. Meno di tre mesi più tardi però, il 2 dicembre, si dimette; ufficialmente per motivi di salute, in realtà per gli attriti sorti con le gerarchie repubblichine sulle modalità di governo della città. Dopo la liberazione di quest’ultima, entra in contatto con i membri del Cln cittadino, i quali lo propongono come presidente dell’Accademia spoletina (il più prestigioso ente culturale cittadino) e degli Istituti comunali riuniti di beneficenza, cariche che assume, rispettivamente, nel marzo e nell’ottobre del 1945. Muore a Spoleto il 7 settembre 1960.
Paolo Raspadori
Fonti e bibl.: Asp, Questura, Radiati, b. 46, fasc. 9; Maurizio Hanke, L’opera politica e amministrativa di Tito Sinibaldi, Panetto e Petrelli, Spoleto 1977; Francesco Bogliari, Il movimento contadino in Umbria dal 1900 al fascismo, Franco Angeli, Milano 1979; Aurora Gasperini, Le miniere di lignite di Spoleto (1880-1960), Edizioni dell’Ente Rocca, Spoleto 1980; Renato Covino, Partito comunista e società in Umbria, Editoriale Umbra, Foligno 1994; Paolo Raspadori, Spoleto tra rottura e continuità amministrativa, in Renato Covino (a cura di), L’Umbria verso la Ricostruzione, Editoriale Umbra, Foligno 1999; Paolo Raspadori (a cura di), L’autorità debole. Il Comitato di Liberazione Nazionale di Spoleto attraverso i verbali delle sue riunioni (1944-1946), Crace, Perugia 2003.