Nasce a Marsciano (Pg) l'11 marzo 1886. Storico e giornalista. Azionista. Figlio di un proprietario di un'officina meccanica, riceve, sotto l’influenza della madre, una forte educazione cattolica, rafforzata dagli studi liceali vissuti accanto allo zio sacerdote. Nel 1903 si iscrive alla facoltà di Lettere e Filosofia a Roma, dove si laurea nel 1907. Durante gli studi universitari dimostra la sua impostazione culturale cristiano-cattolica entrando, a partire dal 1906, nella redazione della rivista del Movimento democratico dei cattolici. Nel 1909 viene assunto come primo segretario del Consiglio superiore della pubblica istruzione, in questo periodo si avvicina al pensiero di Giovanni Gentile e di Benedetto Croce. Tuttavia, lo statocentrismo del primo e la mancanza di interessi per gli studi religiosi del secondo favoriscono un suo allontanamento. Nel 1915 richiamato dall’attualità della Prima guerra mondiale, affianca all’attività di storico quella di giornalista scrivendo per la rivista «Italia Nostra» e schierandosi a favore del campo neutralista. Nel 1916 vince il concorso per la cattedra di Storia della Chiesa presso l’Università di Napoli. Anche durante gli anni nella città partenopea la passione per il giornalismo politico non viene meno: tra il 1917 e il 1920 collabora con il quotidiano romano «Il Tempo». Nel 1921 gli viene proposta la codirezione de «La Stampa» che accetta lasciando la cattedra universitaria e trasferendosi a Torino. Dalle colonne del quotidiano torinese è tra i principali oppositori al fascismo sulla carta stampata. Non solo, è tra i primi che si dedica – sulle pagine di giornale – allo studio del fascismo dimostrando il suo valore di intellettuale riuscendo a conciliare l'anima di storico con quella di giornalista. Profetico il commento sulle colonne de «La Stampa» (1 novembre 1922) all'indomani della marcia su Roma : «Il pericolo grave per l'Italia sarebbe che questo succedersi di sconvolgimenti rivoltosi e di soluzioni extracostituzionali verificatisi, con un crescendo impressionante, negli ultimi anni, si prolungasse e divenisse abituale, come in certi stati extraeuropei.». Nel 1923, Piero Gobetti gli propone di raccogliere gli articoli scritti sul fascismo in un'opera da pubblicare con la sua casa editrice, da questa idea nasce «Nazionalfascimo». Con il giovane editore si crea un forte sodalizio che lo porta a collaborare con «La Rivoluzione Liberale». Nel 1924 dopo il delitto Matteotti e la secessione aventiniana è tra i firmatari del manifesto dell'Unione Nazionale delle forze liberali e democratiche di Giovanni Amendola. Nel 1925 esce «Irrealtà nazionalistica» pubblicato dalla casa editrice Corbacci, che aveva già ospitato opere di Giovanni Amendola e Mario Borsa, dove rintraccia nell'assetto post-Versailles i germi per un futuro conflitto europeo, dimostrando ancora una volta la capacità di anticipare le dinamiche di lungo periodo. Nello stesso anno, dopo l'emanazione delle leggi speciali, è allontanato dalla direzione de «La Stampa» a seguito della fascistizzazione del giornale. Una volta estromesso dal quotidiano torinese viene sottoposto a vigilanza – in un nota della Questura di Torino trasmessa a quella di Perugia viene definito come «uno dei più tenaci ed invincibili giornalisti di opposizione». Lasciato il quotidiano torinese, torna a dedicarsi a tempo pieno allo studio dando vita, durante questo periodo di ritiro forzato, a gran parte della sua produzione storica e saggistica incentrata sulla storia politica e religiosa d'Italia, con particolare attenzione al Risorgimento. Nel contempo non abbandona il giornalismo, seppur dedicandogli minor tempo e spesso scrivendo sotto pseudonimo: tra il 1926 e 1940 collabora con «Il Lavoro di Genova», firmandosi come Franco Alessandri; tra il 1931 e il 1932 pubblica alcuni articoli sul «Resto del Carlino». Importante, sotto il profilo politico, è la collaborazione (1928-1935) con «La Cultura», dove si avvicina al nuovo editore della rivista Giulio Einaudi. Insieme a quest’ultimo, matura l'adesione a Giustizia e Libertà (Gl), collaborando nei «Quaderni». Dopo il viaggio a Parigi dove visita alcuni esuli antifascisti, tra i quali Ferrero Guglielmo e Venturi Lionello, è sospettato di essere parte del movimento giellista ragione per la quale viene arrestato il 15 maggio 1935. Una volta rilasciato, la Commissione Provinciale lo sottopone al vincolo dell'ammonizione.È tra i fondatori del Partito d'Azione (Pd'a) – a capo dell'ala destra del movimento – per il quale è membro del Comitato di liberazione nazionale (Cln). Nella Roma liberata dirige la rivista “La Nuova Europa”, un settimanale ambizioso che ha lo scopo di ricostruire il tessuto statale e democratico dell'Italia post-fascista. Nel 1948 ritorna, come editorialista politico, a «La Stampa», collaborando con il quotidiano torinese fino al 1965. Dopo la breve parentesi politica nel Pd'a, riprende la sua attività di storico. Gli è affidata la direzione della prestigiosa collana «Studi e documenti di storia del Risorgimento» della casa editrice «Le Monnier».Muore a Roma il 3 novembre 1974.
Yuri Capoccia
Fonti e bibl.: Acs, Cpc, b. 4549, ad nomen; Asp, Questura, Schedati, b. 8 fasc. 16; Luigi Salvatorelli (1886-1974): storico, giornalista, testimone, (a cura di) Angelo d’Orsi, Nino Aragno Editore, Torino, 2008; Luigi Salvatorelli, Enciclopedia online Treccani, http://www.treccani.it/enciclopedia/luigi-salvatorelli/; Luigi Salvatorelli (1886-1974) in A.Galante Garrone, I miei maggiori, Garzanti Editore, 1984; R. Melchiorre, Luigi Salvatorelli, un perdente onorevolissimo, Vertigo Edizioni, Roma, 2015; L. Salvatorelli, Nazionalfascismo, Giulio Einaudi editore, Torino, 1977.