Nasce a Perugia nel 1913. Magistrato. Azionista. Entrato in ruolo nel 1939, esercita a Bologna, Milano, Arezzo e Perugia. Nel 1940 combatte come ufficiale d'artiglieria sul fronte francese. Dal 1938, mosso dal disgusto provocato dall'approvazione delle leggi razziali, si avvicina agli ambienti politici che negli anni successivi danno vita al Partito d'Azione (Pda), di cui diventa uno dei massimi dirigenti perugini. In tale veste partecipa al congresso clandestino del Pda tenutosi a Firenze all'inizio di settembre 1943, rappresentando poi il partito anche nel Comitato di liberazione nazionale (Cln) provinciale di Perugia. L'11 settembre, appena proclamato l'armistizio e di fronte all'invasione tedesca, con Fernando Rosi Cappellani, Alberto Apponi e Aldo Capitini passa in clandestinità senza attendere ulteriori eventi. La sua casa di Miralduolo presso Torgiano (il “comando di tappa n. 1”) diviene attivo centro di riferimento dell'azionismo perugino, come dettagliatamente testimoniato da Fernando Rosi Cappellani ne I ricordi della macchia. Partigiano combattente (come tale è riconosciuto dall'apposita commissione regionale costituita nel dopoguerra, in qualità anche di membro del Cln e della sua giunta militare), è ricercato dal tribunale straordinario provinciale con un mandato di cattura da pena di morte. Nell'ottobre 1944 il Cln provinciale di Perugia lo designa all'unanimità delegato provinciale dell'Alto Commissario per l'Epurazione. Procede con speditezza, fermezza e obiettività all'istruttoria di oltre 5.000 pratiche su prevaricazioni nella funzione pubblica e profitto politico nelle carriere. Si dimette nel febbraio 1945, con una pubblica protesta per la mancata costituzione delle commissioni giudicatrici e contro omertà, favoritismi e vendette che per quella via vengono tentati, ribaltando così il principio dell'Alto commissario Carlo Sforza di «colpire in alto e indulgere in basso». Il Cln provinciale gli chiede invano di ritirare le dimissioni, esprimendogli piena e unanime soddisfazione per l'operato. Torna da allora alla stretta vita professionale e privata, secondo la sua regola: contro l'occupazione tedesca il dovere di cittadino prevaleva su ogni altro, imponendo di resistere; ripristinata la libertà lo stesso imperativo vuole che si torni al proprio lavoro senza ricercare benefici politici. Muore a Perugia nel 1954.
Giuseppe e Teresa Severini
Fonti e bibl.: F. Andreani, Un magistrato umbro: Luigi Severini, Grafica, Perugia 1954; A. Capitini, Antifascismo tra i giovani, Celebes, Trapani 1966; F. Rosi Cappellani, Ricordi della macchia, in S. Bovini (a cura di), L'Umbria nella Resistenza, Editori Riuniti, Roma 1972, vol. II, pp. 173-213; A. Apponi, Per non dimenticare (il Partito d'Azione), La Porziuncola, Assisi, 1975, pp. 29-30; L Capuccelli (a cura di), Antifascismo e Resistenza nella provincia di Perugia, Amministrazione Provinciale di Perugia, Perugia 1975, passim; C. Magnoni, Il Partito d'Azione a Perugia, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Perugia, Facoltà di Giurisprudenza, a. a. 1989-90 (relatore E. Galli Della Loggia), passim; G. Severini, I problemi dell'epurazione a Perugia, in R. Ranieri (a cura di), Gli Alleati in Umbria 1944-'45, Atti del convegno “Giornata degli Alleati” (Perugia, 12 gennaio 1999), Uguccione Ranieri di Sorbello Foundation, Perugia 2000, pp. 111-119; G. Severini, Il magistrato Luigi Severini, in S. Innamorati e R. Ranieri (a cura di), Voci di giovani nell'Italia divisa (143-45). Percorsi di opposizione e incontri con gli alleati tra Umbria, Marche e Toscana, Atti del convegno “L'antifascismo tra i giovani e l'esperienza della guerra” (Perugia, 23 giugno 2005), Uguccione Ranieri di Sorbello Foundation Perugia 2006, pp. 30-33.