Nasce ad Amelia il 10 settembre 1859. Avvocato. Liberale, proviene da una famiglia borghese attiva nell’ambiente politico spoletino (il padre, medico, era stato consigliere comunale e membro della locale Congregazione di carità). Viene eletto per la prima volta consigliere comunale di Spoleto nel luglio 1885, in una lista liberale-monarchica. Nel maggio 1889 è nominato membro della Giunta provinciale amministrativa, carica che lascia due anni dopo per rientrare nel Consiglio comunale cittadino. Nel settembre 1891 assume l’incarico di assessore alle finanze della Giunta municipale guidata da Salvatore Fratellini e nel 1895, dopo le elezioni di maggio, è sindaco di Spoleto. Tuttavia, nel luglio 1898 si dimette per candidarsi alla Camera dei deputati. Il suo impegno amministrativo è rivolto all’estensione e alla modernizzazione delle infrastrutture pubbliche urbane (rete idrica, fognature, strade) e alla costruzione di un impianto di produzione e distribuzione di energia elettrica. Eletto deputato, si schiera contro il tentativo del Governo di Luigi Pelloux di far approvare dal Parlamento leggi di stampo autoritario e, dopo il 1900, si orienta per l’appoggio ai ministeri di Giovanni Giolitti. Tra il 1902 e il 1909 (anno in cui non si ripresenta alle elezioni per la Camera dei deputati) continua a partecipare alla vita politica locale, animando l’Unione liberale-monarchica, contribuendo a fondare il settimanale «Il Popolo» e partecipando alle consultazioni amministrative. Nel giugno 1911 viene nominato senatore, ma l’anno successivo è rieletto consigliere comunale a Spoleto in una «lista di concentrazione» formata da liberali, radicali, democratici costituzionali e socialisti riformisti e nell’agosto 1914 riassume la carica di sindaco del centro umbro, che mantiene fino al 1918. Interventista, nonostante l’età si arruola e per un breve periodo di tempo raggiunge il fronte delle operazioni belliche. Dopo la fine della guerra mondiale si dedica esclusivamente ai lavori del Senato, grazie ai quali ha modo di conoscere e di stringere amicizia con Benedetto Croce. Pur avendo votato la fiducia al secondo Governo Mussolini, nel giugno 1924, dopo l’assassinio di Giacomo Matteotti diventa un convinto oppositore del fascismo, tanto da essere uno dei soli due membri della Commissione istruttoria del Senato a dichiararsi favorevole, nel giugno 1925, al rinvio a giudizio di Emilio De Bono, direttore generale della Pubblica Sicurezza, per la sua condotta in relazione all’omicidio di Matteotti. Da allora viene schedato dalla Polizia come oppositore del regime e messo sotto sorveglianza. Nel maggio 1929 dà il suo voto contrario, insieme ad altri cinque senatori, all’approvazione dei Patti lateranensi e questo è il suo ultimo atto politico significativo. Negli anni successivi si ritira a vita privata, occupandosi della famiglia e partecipando di rado alle sedute del Senato, continuando comunque a essere vigilato. Muore a Spoleto il 23 giugno 1940.
Paolo Raspadori
Fonti e bibl.: Asp, Questura, Radiati, b. 75, fasc. 44; Maurizio Hanke, L’opera politica e amministrativa di Tito Sinibaldi, Panetto e Petrelli, Spoleto 1977.